Tre sono i punti che la circolare (la si legga qui) intende chiarire :
1)entro quale termine l’avvocato deve depositare l’istanza di liquidazione del compenso spettante per l’attività difensiva prestata in favore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato. Risposta: l’art. 83 comma 3 bis non ha introdotto un termine di decadenza, pertanto il difensore che “dimentica” di presentare l’istanza di liquidazione al termine della fase può ripresentarla anche dopo (ad es. caricandola sul Siamm o depositandola cartacea in cancelleria secondo le prassi già inaugurate), assumendosi egli il “rischio” di una liquidazione “ritardata”;
2)entro quale termine il magistrato deve provvedere a liquidare il compenso del difensore della parte ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato . Risposta : non vi è per il magistrato alcuna consumazione della potestas decidendi , con lo spirare del termine della fase , anche perché egli può chiedere verifiche reddituali ulteriori , e poiché la revoca dell’ammissione può intervenire molto dopo la definizione (anche entro 5 anni per il processo penale ex art. 112 comma l lett. d T.U. 115/2002); ciò unitamente alla circostanza che i magistrati e i funzionari rispondono degli errori e irregolarità da loro commessi come responsabilità erariale (art. 172 TU 115/02) , fa concludere nel senso della risposta;
3)E’ corretta la prassi adottata da alcuni uffici giudiziari di provvedere sull’istanza di liquidazione degli onorari in esame solo dopo aver ricevuto riscontro da parte degli uffici finanziari circa le condizioni reddituali della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato? Risposta : tale prassi non è corretta perché occorre privilegiare l’ottica di speditezza della procedura di liquidazione, altrimenti il comma 3 bis non avrebbe alcun senso; ma la circolare esprime piena approvazione per quelle prassi introdotte in alcuni uffici giudiziari secondo cui si fa presentare al legale, contestualmente alla richiesta di pagamento, un surplus di documentazione che consenta al Magistrato di verificare la sussistenza dei presupposti per procedere al pagamento: ad es. dichiarazioni dei redditi sino all’anno di conclusione del procedimento; la dichiarazione sostitutiva di atto notorio oppure altra documentazione per il computo del reddito (cedolini pensione, buste paga, ecc.); in mancanza di dichiarazione fiscale, la dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante il reddito o la mancanza di reddito; la documentazione presentata unitamente alla richiesta di ammissione; il provvedimento di ammissione in originale; il certificato di stato di famiglia aggiornato.
Conclusioni: aldilà di alcuni toni trionfalistici con cui son stati accolti i suddetti chiarimenti nei primi commenti pubblicati sui c.d. social (del tipo “liquidazioni più celeri” o “l’avvocato va pagato rapidamente” etc..) in realtà si apre , perché fortemente “apprezzato” dalla Circolare , un nuovo subprocedimento , all’interno di quello già tortuoso e disseminato di ostacoli burocratici che porta alla liquidazione del compenso, atteso che occorre, in buona sostanza, offrire al Magistrato, anche al momento della presentazione della richiesta di pagamento , tutta una serie di documenti che attengono – invece – alla fase di ammissione ( e su cui la legge n. 115 non prevede alcun obbligo di “rinnovazione”).
Cosicchè, alle già ampiamente segnalate criticità dell’istituto, leggasi per tutti lettera del CNF al Ministro del 07 03 2017 (qui) , ove si allude al patrocinio a rischio dell’avvocato (le revoche possono ben giungere alla fine del procedimento e la circolare in commento ne rappresenta ulteriore conferma) e al patrocinio a spese dell’avvocato ( il legale che “rimane” senza ammissione al beneficio per il proprio assistito difficilmente lo abbandona in corso di opera , in più è costretto anche a pagare di tasca propria il consulente di parte da lui stesso nominato) , se ne aggiunge un’altra .
Proviamo allora a illustrare sinteticamente le fasi : a) fase dell’ammissione : produzione istanza , documenti , riscontro ad eventuali richieste integrative etcc..; b) fase della richiesta di pagamento con nuova produzione documentale nel senso auspicato dalla circolare; c) fase del pagamento (comunicazione del provvedimento e incombenti successivi; d) presentazione della fattura : il difensore non può emettere fattura decorsi i 20 gg dalla notificazione del provvedimento di liquidazione, data in cui diverrebbe definitivo , ma solo dopo che l’Ufficio giudiziario gli ha comunicato di aver completato l’iter di “comunicazione” con trasferimento della pratica ad apposito Ufficio (c.d. Ufficio Spese di Giustizia) ; e) pagamento effettivo , che può avvenire anche a distanza di due anni dal momento dell’invio della fattura, e circa dopo 3/5 anni dalla fine della prestazione professionale .
Ora , si dice che il diritto di difesa dei non abbienti , sancito dalla nostra Costituzione all’art. 24 co. III, è previsto anche dalla normativa sopranazionale (articolo 6 CEDU e articolo 47 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea) e non può essere indebitamente “compresso” , ma , sembra, che i timidi tentativi di razionalizzarne la procedura siano messi continuamente in crisi da altrettanti “altolà di settore”.
E non si dica che il difensore ha, a propria tutela , lo strumento della compensazione dei crediti di recente introduzione, perché sono esclusi da tale possibilità quelli previdenziali (sic!) e perché con il meccanismo dello split payment, da Luglio 2017 entrato in vigore , la liquidazione è sempre scomputata dell’iva (22%) e della ritenuta di acconto (20% !!!).
L’unica via ,sarebbe, forse , quella di ridisegnare la normativa contenuta nel T.U. n. 115 , tesaurizzando tutte le criticità finora emerse, per risolverle nel senso già indicato da altri Legislatori Europei .